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22 novembre 2024

Post anti Poste

Categoria: Altro - Tags: Poste; Poste italiane; Anna Karenina

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Emanuela Da Ros | commenti |

Se dico "poste" cosa vi viene in mente? Pazienza, Tolstoj o Due Palle?

A me due palle. Di quelle grosse. Se avete un po' di Pazienza (Tolstoj lasciatelo sul comodino, ma non aspettatatevi alcun sentore di letteratura da quello che scorre sotto), vi racconto tutto.

Ieri ricevo una raccomandata. Non sono in casa e quindi il postino mi lascia l'avviso di ricevimento nella cassetta delle lettere. L'avviso dice che per prendere la raccomandata devo andare in posta il giorno dopo (cioè oggi), dopo le 10.30.

Poiché sono incasinatissima, delego Giulia, un'amica di mio figlio provvidenzialmente passata per casa, a ritirarmi il malloppo.

Giulia (frangetta fucsia e giubbotto verde-fluo di otto taglie più grande della sua) è troppo gentile. Va alle poste di Vittorio Veneto per me e si fa tre quarti d'ora di coda (nel frattempo avrebbe potuto leggersi 70 pagine di Anna Karenina, se se lo fosse portata appresso) e quando finalmente arriva allo sportello le dicono che manca un documento: il mio.

D'accordo - sono una scema - mi sarei dovuta ricordare di darglielo.

Comunque, visto che sono le 12 meno un quarto, esco di casa e mi fiondo alle poste (chissà quando chiudono?, mi domando ferma al semaforo rosso).

Alle poste c'è una folla (im)probabile. Per fortuna qualcuno ha pensato di lasciare le porte aperte. Prendo il bigliettino/prenotazione e esco. Controllo il display dalle vetrate, mi dico. Passano dieci minuti. Il display non si muove. La folla nemmeno. Rientro nell'ufficio: un tot di sportelli sono chiusi. Le nove seggioline sono occupate; una ventina di persone attende in piedi. Esco dall'ufficio. Controllo il display dietro le vetrate. Scattano un paio di numeri. Il movimento è lentissimo. Una cagnolina è legata alla righiera delle scale che portano all'ufficio. Tento di socializzare. Le dico qualcosa di molto coccolo, ma lei mi ignora. Non ha tutti i torti. Il mio tono è così lamentoso che la cagnolina ha deciso di starmi alla larga.

Comincio ad avere mal di schiena. Stare fermi in piedi non giova alla colonna vertebrale. Per fortuna si è liberata una seggiolina. Rientro nell'ufficio e mii siedo. Non so che fare, oltre ad aspettare. Mi spazientisco. In un angolo dell'ufficio c'è un tablet in superpromozione. Mi avvicino e provo a collegarmi a internet. "Sei disconnessa", mi dice l'aggeggio. Una conferma. Pure tecnologica.

Mi risiedo.Sbuffo. Vorrei alzare la voce. Urlare che non ce la faccio più. Se non altro perché ho realizzato che mi scappa la pipì. Alle poste c'è un gabinetto?, mi chiedo sottovoce. Ma, prima di rispondermi, scarto l'idea di chiedere se ci sia o meno. E scarto l'idea di andarci (mica voglio perdere il turno). Eppure penso che tutte le anziane che ci sono lì un po' di pipì in trenta minuti di attesa magari si sentirebbero di farla. Ma dove? Materializzo il pensiero di dotarmi di pannolone quando e semmai dovrò ritirare una pensione alle poste.

Sono le 12.30. "Tra cinque minuti l'ufficio chiude - sospira una donna in attesa - chissà come faranno ad accontentare tutti".

Alle 12.35 sul display appare il mio numerino. Sbrigo la pratica senza fiatare (per la cronaca: la mia raccomandata era una multa da pagare, perché - a Padova, una mese fa - viaggiando in auto ero entrata in una corsia destinata al trasporto pubblico).

Alle 12.40 posso andarmene! Peccato che tutte le porte dell'ufficio postale nel frattempo siano state chiuse. Un orario è un orario, non ci piove. E bisogna rispettarlo. Per uscire devo spingere un maniglione anti panico.

Panico? Ma che razza di sentimento è? A parte la pipì, quello che provo è stizza.  Ma nei paraggi non c'è nessuna uscita per questo stato d'animo.

Poste italiane, per il momento, ha ideato solo uno "sportello amico".

 



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