Il prete a favore del suicidio assistito: "Non lo vedo un Dio che mi vuole costretto a letto a soffrire"
"Sto cambiando la parola perché psicologicamente la parola suicidio colpisce in modo negativo"
ITALIA - Libertà di scelta, anche di farla finita, di fronte al fine pena mai, di fronte ad una vita "che non è più vita, vita relazionale". Don Ettore Cannavero, sacerdote sardo, capisce e appoggia la decisione di ’Mario’, il primo caso in Italia di suicidio assistito: " Io - osserva in una intervista all’Adnkronos- sto cambiando la parola perché psicologicamente la parola suicidio colpisce in modo negativo. Preferisco chiamarlo fine vita. E penso che, in determinate condizioni, secondo lo stato della malattia, si possa decidere liberamente sulla propria vita". Don Ettore è decisamente una voce fuori dal coro nella Chiesa, ha firmato anche per il referendum pro eutanasia.
"Mi sono confrontato anche all’interno della mia chiesa, col mio vescovo. La nostra fede in Dio - argomenta don Ettore Cannavero - non può essere un ostacolo alla nostra autonomia morale. Noi siamo responsabili della nostra vita. La Chiesa sostiene che Dio ci ha dato il dono della vita e solo lui può decidere quando togliere il dono. Io non condivido: noi siamo pienamente responsabili della vita che ci viene donata. Abbiamo una autonomia morale, il che vuol dire che è lasciata a noi la decisione anche della nostra vita". Sottolinea don Cannavero: "La conclusione della vita non è così semplice, non è il suicidio di chiunque. La conclusione della vita deve essere una condivisione con le persone che durante la vita ci hanno accompagnato, amato, sostenuto. La cosa che evidenzio e’ che non può essere una decisione in solitaria , in solitudine. Importante e‘ che sia una decisione condivisa. E’ vero che parliamo di autodeterminazione e che ciascuno è responsabile della propria vita ma una decisione di questo tipo non può essere neanche in solitudine ma nella condivisione con gli altri . E’ anche vero che io sono totalmente responsabile della mia vita e che la vita è un dono ma una volta che ci è stata data ne rispondo io. In base a cosa? In base alla mia visione etica, psicologica, filosofica". Don Ettore sa di essere una voce fuori dal coro nella chiesa ma invita al confronto, sincero e leale: "Capisco che per un cristiano sia difficile il fine vita perché è cresciuto in una visione legata alla sua formazione spirituale religiosa ma questa posizione non può ostacolare chi è completamente laico. La vita non è tolta, è trasformata. Un cristiano deve accettare che in quel momento non è la fine della vita ma è la vita che si trasforma". Secondo don Cannavero, se sei un credente a maggior ragione dovresti sostenere la possibilità di concludere una vita perché non è la conclusione, è trasformazione. I cristiani dovrebbero sostenere il fine vita. Perche’ mai accanirsi a tenere in vita biologica quando non c’è più vita relazionale?".
Per una persona come Federico Carboni, ‘Mario’, sarebbe stato un fine pena mai? "Certo. - dice il sacerdote che è stato a lungo cappellano di carcere -. Ma Dio è amore, non è sofferenza. Io non lo vedo un Dio che mi vuole vedere costretto in un letto a soffrire, aspettando che cosa? Non vedo un Dio punitivo che manda all’inferno. Un cattolico dovrebbe sostenere la possibilità del fine vita. Mi meraviglia l’accanimento della Chiesa istituzionale a dire no quando non c’è più relazionalita’". Osserva però don Ettore: "Io credo ci siano altri cattolici, anche diversi sacerdoti che per la loro posizione all’interno della Chiesa istituzionale hanno difficoltà a parlare liberamente e a dire come la pensano" anche sul suicidio assistito. "Io ho una posizione di vantaggio - dice il sacerdote - perché non ho incarichi istituzionali. Ho insegnato in facoltà teologica e non insegno più. Sennò mi bloccherebbero. Io ho 78 anni e mi sento pienamente libero di dire la mia posizione. Ciò in cui credo". Don Ettore Cannavero si è dovuto scontrare anche all’interno della sua famiglia: "Entrai in conflitto con mio fratello medico. Mio padre non ce la faceva più ad andare avanti; mio fratello da medico diceva che lo avrebbe curato anche all‘infinito . Io non ero d’accordo e dissi di assecondare le volontà di papà ". Don Ettore riflette anche sul ddl sul suicidio assistito fermo in Senato: "Il problema è il politico che non agisce in base al suo pensiero ma in base al consenso. Spero non siano tutti così ma poi mi viene in mente Salvini, penso alle sue propagande col rosario... Il punto è che spesso le persone non sono documentate, non hanno strumenti per contrapporsi. Invece è così importante il confronto. ‘Confrontiamoci’, dico sempre anche alla mia chiesa, ‘non siate rigidi’. Ci vorrà tempo ma ci si arriverà, senza chiudersi nella propria posizione ideologica, culturale, filosofica. O non ci sarà progresso".