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19 aprile 2024

Rifiuti spiaggiati: che degrado!

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Alberta Bellussi | commenti |

Rifiuti spiaggiati che degrado!

Torna il caldo e la voglia di andare a prendere la tintarella nelle nostre spiagge dell’Adriatico e come ogni anno speriamo tanto che sia tutto bello e pulito… e invece appena affondi i piedi sulla sabbia inizi a incontrare gli squallidi mozziconi di sigaretta e tanti altri rifiuti che popolano le spiagge di tutta Italia e non solo. Ti avvicini poi felice alla riva sperando di perdere il tuo sguardo tra le splendide conchiglie che il mare regala e inizi a fare una sorta di salto ad ostacoli tra i vari rifiuti spiaggiati di ogni genere e provenienza: plastica, carte, bottiglie ecc. ecc. E ti inizi a innervosire e a non capire perché le persone non sono capaci di rispettare ciò che è patrimonio di tutti e spesso mi trovo a raccogliere rifiuti tanto da meritarmi l’onorato titolo di operatore ecologico del pezzo di spiaggia dove vado da anni o a invitare, chi lascia per terra gli imballaggi di una giornata in spiaggia, a fare lo sforzo fisico di gettarli nel cestino ricevendo spesso in cambio sguardi di compassione ma ottenendo comunque lo scopo.

E’ assurdo se si pensa che ancora oggi la stragrande maggioranza dei rifiuti deriva da un abbandono consapevole in loco (cicche, bottigliette e tappi ad esempio), testimoniando la totale indifferenza verso i notevoli impatti che questo comportamento ha sull’ambiente costiero e marino. Le spiagge italiane sono invase dai rifiuti in plastica.

Questo il poco confortante quadro che emerge dall’indagine “Beach litter“, che Legambiente ha realizzato e curato avvalendosi del contributo di Novamont. Sono 29 spiagge italiane e 25 spiagge del Mediterraneo monitorate nell’ambito della campagna “Spiagge e Fondali puliti – Clean-up the Med 2015″, creata dall’associazione in collaborazione, oltre che con la stessa Novamont, con CIAL, Mareblu e Virosac. Lo studio è stato fatto su un numero di spiagge campione in tutte le Regioni d’Italia. Il campionamento su transetti di 100 metri di lunghezza di spiagge libere e ogni singolo campionamento ha tenuto conto del protocollo di monitoraggio messo a punto dal ministero dell’Ambiente e dell’ISPRA. I rifiuti più comuni sulle spiagge italiane sono i “frammenti o resti” di plastica o polistirolo di dimensioni inferiori ai 50 cm, che rappresentano il 23% del totale. Subito dietro si trovano oggetti di uso comune come “bottiglie di plastica” destinate alle bevande (10,3%), seguiti da “tappi e coperchi in plastica e metallo” (6,9%), “strumenti per la pesca” (6,5%) e gli immancabili “mozziconi di sigaretta” (5,4%). Scorrendo la classifica si trovano poi rifiuti da mancata depurazione come “cotton fioc, assorbenti, preservativi, deodoranti per WC e similari” (4,9%). Chiudono la classifica “stoviglie usa e getta in plastica” (4,8%), “materiali edili” (4%), “contenitori per detergenti” (3,8%), “bottiglie di vetro” (3,3%) e “confezioni di patatine e stecchetti per gelati e dolciumi” (1,9%). A questi dati si aggiungono due ulteriori voci incluse nei dati relativi agli altri Paesi del Mediterraneo, con il 7,3% di rifiuti composto da shopper in plastica e l’1,6% relativo al ritrovamento di siringhe.

La plastica si conferma il materiale più diffuso tra i rifiuti: costituisce l’80% dei materiali censiti nelle spiagge italiane, contro il 65% rilevato l’anno scorso, quota che scende al 52% nelle altre spiagge del Mediterraneo. Rilevata anche la massiccia presenza rifiuti da mancata depurazione che se da un lato sono la diretta conseguenza della scorretta abitudine di “smaltire” questi rifiuti gettandoli nel wc. Un dato rilevante è quello relativo ai sacchetti di plastica, che nel nostro Paese rappresentano meno del 2% sul totale dei rifiuti trovati, mentre nelle spiagge degli altri Paesi superano il 7%.

Una differenza dovuta principalmente alla messa al bando italiano dei sacchetti di plastica non compostabili, ottenuto dopo anni di battaglie della nostra associazione, che ne ha ridotto il consumo del 50% negli ultimi tre anni e che testimonia che si possono intraprendere azioni concrete ed efficaci”. Il dato di ritrovamento per l’Italia è stato di 17 rifiuti ogni 100 mq, con il nostro Paese posizionato all’incirca a metà nella classifica dei Paesi coinvolti.

Maglia nera assegnata alla Turchia (33 rifiuti ogni 100 mq), seguita da Algeria (28) e Croazia (21). Migliori invece i risultati ottenuti da Tunisia (8), Grecia (4), Portogallo (3) e Spagna (2). L’ indagine generale dimostra che il problema dei rifiuti spiaggiati è una questione comune da affrontare al più presto da tutti i stati che si affacciano al mare.

Serve uno sforzo congiunto che coinvolga tutti i soggetti e i territori interessati e programmi concreti per risolvere il problema dei rifiuti in mare e sulle coste. A proposito sono proprio i rifiuti spiaggiati che causano crescenti danni agli ecosistemi, all’ambiente e alla fauna, come al turismo e all’economia. L’ingestione di rifiuti plastici è indicata come causa di morte per il 79,6% delle tartarughe marine, mentre a costante rischio sono anche uccelli e mammiferi marini. Danni provocati dai rifiuti spiaggiati fanno male all’ambiente e alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale oppure morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo. 

. Spero che davvero tutti noi possiamo diventare delle sentinelle verdi, degli operatori ecologici in proprio a difesa dell’ambiente che è patrimonio di tutti; e proprio alla luce dell’elenco riportato di seguito si spera che tutti noi riusciamo a fare quell’atto di civiltà che prevede di non abbandonare i rifiuti . Molti sono i progetti di educazione ambientale che si potrebbero proporre ai giovani e ai ragazzi con azione diretta sul campo per stimolare queste tematiche ma in un periodo di taglio di fondi, di carenza di risorse spesso gli enti interessati a queste tematiche si fanno cullare dalla pigrizia sonnolenta che sta contagiando gli enti statali e non in Italia.

Tempi medi di degradazione naturale dei rifiuti nel Mare:

• Una gomma da masticare (5 anni)

• Una lattina d'alluminio per bibite (500 anni)

• Un contenitore di polistirolo (da 100 a 1000 anni)

• Schede telefoniche, ricariche e simili (1000 anni)

• Un mozzicone di sigaretta (2-5 anni) 

• Il torsolo di una mela (3-6 mesi)

• Fiammiferi o cerini (6 mesi)

• Giornali e riviste (2 mesi)

• Una bottiglia di vetro (1000 anni)

• Una bottiglia o un sacchetto di plastica (1000 anni)

• Accendino di plastica (100-1000 anni)

• Un pannolino usa e getta (circa 200 anni)

• Indumenti di lana o cotone (8-10 mesi)

• Fazzoletti e tovaglioli di carta (3 mesi)

• Tessuti sintetici (500 anni)

• Una buccia di banana (2 anni)



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