22 novembre 2024
Categoria: Notizie e politica - Tags: scuola, Riforma, Patto, Educativo, Governo, Renzi, Sinistra, pd, destra, conegliano, Rete, studenti, Medi, Sciopero, istruzione, Pubblica
Venerdì 10 ottobre in tutta Italia si sono svolte delle manifestazioni studentesche per protestare contro lo stato dell’istruzione pubblica.
Anche quest’ anno ho deciso di seguire la manifestazione svoltasi a Conegliano. Il titolo scelto dalla Rete Degli Studenti Medi per la mattina di mobilitazione era “La Grande Bellezza” perché gli studenti e la scuola sono “la grande bellezza” di questo Paese.
Il corteo composto da circa duecento studenti è partito da San Pio X alle 8.30 per arrivare in Piazza Cima, dove hanno dato vita ad un’assemblea pubblica. La scena che si presentava in piazza era davvero interessante. Nel centro della Piazza un centinaio di studenti parlavano al microfono raccontando tutto ciò che nelle loro scuole non funziona e il proprio pensiero su come poter migliorare l’istruzione pubblica, mentre a lato, i tavolini del bar affollati sempre da studenti che non manifestavano perché “è inutile” e “non serve a niente”.
Voi mi direte che non è rilevante, in quanto è sempre andata così, c’è sempre stato chi manifesta chi invece ne approfitta per andare al bar. Sono d’accordo con questa tesi, ma siamo proprio sicuri che non ci sia anno dopo anno un appiattimento della coscienza critica dei giovani? Secondo il mio modesto parere sì, ma perché questo avviene? Proseguiamo per ordine.
Durante l’ assemblea pubblica i ragazzi e le ragazze presenti, hanno elencato una miriade di problemi presenti nelle scuole coneglianesi, che credo pochi conoscano. Questi sono solo alcuni di quelli che hanno elencato e che mi sono appuntato: classi pollaio da quaranta studenti, laboratori diventati classi, pezzi di tetto o soffitto che cadono, palestre in cui entra acqua, registri elettronici non funzionanti, lavagne multimediali non connesse a internet e quindi a dir poco inutili, più di 500 euro di abbonamenti per il trasporto, corriere sovraffollate e che più di qualche volta saltano delle fermate. Una situazione a dir poco degradante. Passiamo poi alla nuova riforma della scuola o più raffinatamente chiamata “Patto Educativo”. Secondo la proposta del governo Renzi, oltre ad un ennesimo probabile taglio degli stipendi, gli scatti di anzianità agli insegnanti verranno aboliti a favore degli “scatti di competenza” a cui avranno diritto solo il 66% dei docenti; ma come ottenere questi scatti di competenza? Attraverso un sistema vagamente meritocratico e pasticciato come è abitudine fare nel belpaese. Gli scatti saranno legati ad esempio al numero di corsi di formazione seguiti, al numero di incarichi ricoperti e alla disponibilità oraria. Che cosa centrano queste cose buttate un po’ a casaccio con la meritocrazia nell’insegnamento? Sempre secondo questa riforma, o meglio, secondo questo Patto (fatto con chi non si è ancora capito) i presidi avranno ampi poteri decisionali, facendo diventare il Consiglio d’ Istituto un mero organo consultivo. Questo significa che un ristretto gruppo di persone (non dimentichiamoci che già adesso un dirigente è a capo di più plessi) decideranno l’andamento degli istituti senza un minimo bilanciamento del potere decisionale.
In poche parole, un’ ennesima riforma probabilmente peggiorativa del sistema scolastico che se anche contiene punti positivi, questi sono inseriti così tanto malamente da diventare pericolosi.
Sembra che la scuola a chi ci governa (negli ultimi decenni) proprio non piaccia. Alcuni di voi mi diranno che però non hanno tutti i torti, visto che gli insegnanti spesso sono dei fannulloni privilegiati perché dipendenti statali e che gli studenti molte volte potrebbero andare a lavorare piuttosto di perdere tempo in una scuola che non ti prepara per il futuro.
Per rispondere a queste argomentazioni, guardiamo il complesso del sistema scolastico andando oltre alle varie riforme. I dati OCSE ci dicono che l’ Italia non è ben piazzata nelle classifiche mondiali dell’ istruzione, però ci dicono anche altre cose, che anche se siamo tra i Paesi con gli stipendi degli insegnanti e i fondi alla scuola pubblica più bassi, gli studenti del nord-est sono tra i migliori d’ Europa e non solo. Quindi, lasciando da parte campanilismi nord/sud e populismi vari (noi non siamo meglio, non sto dicendo questo, sia chiaro) per quanto venga annualmente colpita e massacrata la scuola pubblica italiana, grazie alle persone che ci lavorano dentro e agli studenti stessi, possiamo essere tra i migliori della classifica OCSE. Quello che però è preoccupante in Italia è che essendo l’ istruzione sottovalutata e sminuita, aumenta anno dopo anno, il numero di persone che abbandonano prematuramente gli studi e il numero dei giovani iscritti all’università (tra i più bassi d’ Europa). Tutto questo ha fatto rinascere, ormai da diversi anni, il fenomeno dell’ analfabetismo di ritorno nel nostro Paese.
Nel belpaese, il 50% delle persone non sono in grado di comprendere un testo, l’80% è considerato a rischio alfabetico e chi realizza un percorso di formazione lungo e specialistico è svantaggiato nell’ inserimento del mondo lavorativo.
Siamo sempre più vicini a dare una risposta alla domanda iniziale: perché si assiste ad un graduale e costante appiattimento della coscienza critica nei giovani?
Facciamo un passo avanti e allarghiamo ancora di più il nostro punto di vista alla situazione politica.
Da quando si è insediato il governo Renzi, la critica da parte di giornali e intellettuali si è autonomamente (quasi) azzerata. Chi osa criticare è un “gufo” o uno che spera nel male del Paese.
Sempre da quando si è insediato il nuovo governo, il Partito di maggioranza (di sinistra, che fonda teoricamente le sue radici nel vivace Partito Comunista) ha perso 400.000 iscrizioni nel silenzio generale e anzi, un personaggio come il sindaco di Roma, Marino che ha basato la sua vittorio politica sulla partecipazione, afferma a “Otto e Mezzo” che la base di un Partito è la percentuale che prende alle elezioni, in questo caso il 40,8%. Oltre alla confusione fatta tra elezioni europee e nazionali, davvero la partecipazione democratica nel nostro Paese si è ridotta anche a sinistra, alle sole elezioni? Proseguendo a parlare del PD, davvero il rapper Fedez si merita un trattamento denigratorio da parte di alcuni parlamentari del Partito (non tanto) Democratico, per aver espresso una sua posizione politica?
Continuo a parlare del nuovo governo, per non andare troppo nel passato, ricordando che non ha mai chiesto un tavolo di trattativa con Marchionne per vedere il fantomatico piano aziendale in Italia, mentre buona parte degli operai Fiat hanno problemi fisici anche a causa del nuovi ritmi di lavoro e che decine di migliaia sono ancora in Cassa Integrazione Straordinaria e nel frattempo l’ azienda automobilistica non è più Italiana, né per quanto riguarda la sede legale, né per quanto riguarda la sede fiscale, né per quanto riguarda la quotazione in borsa. Ma stiamo tranquilli, il Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi ha detto che “Marchionne ha confermato che ci saranno nuove piattaforme che partiranno e mi pare abbia confermato anche che in funzione degli investimenti futuri gli operai in cassa integrazione rientreranno”. Rientreranno dove, al lavoro? Mi pare di si, ma non è detto, anzi, per ora mi pare di no. Un momento, è la stessa Federica Guidi la cui impresa di famiglia, la Ducati Energia, ha delocalizzato l’ azienda all’ estero? #StiamoSereni allora. Ma ritorniamo a parlare dei giovani, dicendo che nel nostro belpaese, gli emigranti hanno superato il numero di immigrati (sono più gli italiani, spesso giovani, che escono, rispetto agli immigrati che entrano in Italia). Sempre parlando di giovani e sempre parlando del nuovo governo, vorrei ricordare la nuova riforma del lavoro, che azzera i diritti dei nuovi assunti, come l’ Articolo 18 inserendo (senza toccare gli altri 45,se non erro, contratti già esistenti) un nuovo “contratto a tutele crescenti” che mi puzza di pasticcio pericoloso.
Trattando ancora di diritti e di nuovo governo, il Ministro dell’ Interno Alfano, ha scritto a tutti i sindaci dicendo di eliminare i registri dei matrimoni avvenuti all’ estero tra persone dello stesso sesso.
Insomma, un governo teoricamente a guida centro-sinistra che taglia i diritti dei lavoratori, con all’interno il centro destra che si occupa di bloccare i diritti civili.
Oppure volete che parliamo della crisi, o che parliamo dell’ inserimento della criminalità all’ interno del conteggio del PIL (con cui rimaniamo lo stesso in recessione), o ancora tanti altri argomenti?
Voi mi direte, ma cosa centra tutto questo con la scuola?
Sto arrivando alla risposta alla domanda di partenza: perché si assiste ad un graduale e costante appiattimento della coscienza critica nei giovani?
Per provare a rispondere a questa domanda, bisogna avere uno sguardo complessivo e per farlo ho voluto elencare alcune delle ultime bestialità che stanno avvenendo nel silenzio generale.
La scuola è dove nasce la coscienza critica di un Paese e quindi dove può poi crescere una sana democrazia. Se la scuola è quotidianamente e costantemente massacrata, la democrazia sarà azzoppata. Quando si parla di democrazia si parla di governo, si parla di leggi, si parla di funzionamento dello Stato e questo significa vita quotidiana di tutti noi, dal lavoro, alla famiglia, alla religione, ai diritti, ecc. L’ istruzione pubblica negli ultimi due decenni è stata distrutta anno dopo anno, riforma dopo riforma. Ecco forse il motivo per cui manca una coscienza critica nel nostro Paese.
Le nuove generazioni sono ricche di informazioni, abbiamo internet, possiamo sapere e conoscere tantissime cose, ma quello che manca è riuscire a mettere insieme queste nozioni, selezionarle, analizzarle, comprenderle. Quello che manca è una cultura digitale, che è poi cultura storica, che è anche cultura linguistica che è anche cultura informatica, cultura del lavoro, ecc.
Quella che ci manca è la cultura, che la scuola dovrebbe insegnare.
La cultura crea anche coscienza critica. Quindi ringrazio la Rete Degli Studenti Medi (come avevo già fatto lo scorso anno) per le attività e per l’ importanza del loro ruolo, perché sono tra i pochi che ancora tengono viva questa critica e che quindi sono speranza concreta di miglioramento nel futuro. Questo non vuol dire che sia sempre d’ accordo con le loro iniziative, ma la critica costruttiva è fondamentale.
In finale, vorrei permettermi, dal basso della mia posizione, di scrivere il mio punto di vista alla Rete Degli Studenti Medi. Il giornalino che (a Conegliano) avete iniziato a scrivere, è una buona proposta, ma forse pochi sono i giovanissimi disposti a leggere un giornale cartaceo in bianco e nero. Un video su youtube o un articolo su un blog ha un numero illimitato di copie, un bacino molto più ampio di utenti, non si consuma e costa meno in termini economici e di fatica.
Gli scioperi funzionano per tenere viva l’ attenzione dei media, ma poco influiscono sulle scelte politiche. Forse sarebbe interessante provare a cambiare punto di vista e pensare come si potrebbe essere più incisivi politicamente, quindi puntando alle persone che possono spostare la vittoria o meno delle elezioni e avere più peso politico, cioè i genitori. Spesso i genitori non conoscono le problematiche della scuola in cui mandano i loro figli e non sono consapevoli di come l’ istruzione pubblica funzioni in altri Paesi Europei (diverso tipo di insegnamento, incentivi pubblici, tasse più basse, libri gratuiti, agevolazioni sui trasposti eccecc), quindi informare loro potrebbe essere una mossa più efficace. Lo scorso anno il liceo scientifico di Conegliano aveva realizzato questa idea, attraverso due serate informative al Dina Orsi davvero interessanti e ben costruite. Non possiamo pensare che i professori però diano vita ad altre iniziative come queste, gli unici che possono avviare un’attività continuativa e costante sono gli studenti, gli unici che non hanno niente da perdere e che possono criticare in totale libertà l’ istituzione scolastica. O ancora, continuare a sfruttare bene internet e utilizzare meglio i vecchi canali di comunicazione, perché la televisione è ancora la padrona tra i vari media, quindi bussare alla porta delle reti locali e raccontare qual è la situazione, le notizie non mancano.
Insomma, pensare dei metodi diversi di protesta e informazione, perché gli strumenti utilizzati finora, non bastano più.
Per concludere vorrei dire anche una parola ai ragazzi che erano seduti al bar e criticavano. Non siete (ovviamente) ne inferiori ne superiori ai vostri coetanei e avete tutto il diritto di dissentire sulle loro modalità di protesta, però, voglio invitarvi a realizzare qualcosa contro, magari una serata o una manifestazione in cui spiegate perché è inutile manifestare e perché è meglio stare seduti al bar. Sarò in prima fila a prendere appunti. Fino a quel momento però, non attaccate chi è più curioso, critico e vivace di voi, è solo ossigeno sprecato.
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Paolo Pandin
Videomaker e altre cose che cerco di fare che mi vengono più o meno bene.
www.paolopandin.com
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francescocecchini
15/10/2014 - 15:46
DALLA GRANDE BELLEZZA AGLI ANGELI DEL FANGO.
Li chiamano 'angeli del fango': centinaia di volontari quasi tutti della 'Generazione Y' posta nel tritacarne della precarietà sistemica.
Sono assieme agli studenti della Grande Bellezza, uno degli aspetti più positivi dei giovani dell' Italia d' oggi.
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francescocecchini
16/10/2014 - 10:17
COMMENTO DI CASSIO.
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francescocecchini
16/10/2014 - 11:31
LA GRANDE BELLEZZA CONTRO LA GRANDE BRUTTEZZA DI RENZI.
LA GRANDE BELLEZZA DEGLI STUDENTI CONTRO LA GRANDE BRUTTEZZA DI RENZI.
‘La grande bellezza siamo noi’: con questo slogan sono iniziate le manifestazioni studentesche di ottobre. E’ bastata una prima lettura delle linee guida sulla scuola proposte dal governo per provocare le proteste di docenti, studenti medi e universitari. Perché questa pseudo-riforma nasconde tendenze repressive e autoritarie, camuffate sotto le forme furbette di un linguaggio e disegnetti accattivanti. Non è sfuggito agli studenti l’intento profondamente antidemocratico, patrimonio ideologico dei conservatori e oggi trasmigrato nella cultura dei politici di un governo che si autodefinisce innovatore. Come abbiamo motivato nei precedenti articoli sulla scuola di Renzi, anche gli studenti hanno colto il segno più dittatoriale e arrogante de La buona scuola, e che riguarda la figura docente: «la riforma del governo Renzi darebbe un eccessivo potere ai presidi, ai quali spetterebbe il compito di decidere quali sono i docenti meritevoli di ricevere uno stipendio più alto e quali no», incrementando le pratiche più diffuse nel nostro Paese: corruzione e familismo amorale. Nella manifestazione del 10 ottobre, i liceali romani hanno dichiarato: «La proposta sulla scuola del premier non è altro che un sistema che punta a favorire la privatizzazione… il progetto di Renzi porta avanti la linea di demolire la democrazia nella scuola. Se passa questa riforma gli insegnanti saranno sotto mira e sotto assedio dei presidi e diventeranno solo i cani da guardia degli studenti. Noi una scuola gerarchica non la vogliamo». Secondo gli organizzatori, varie associazioni studentesche, le attuali politiche prevedono una riforma della scuola in senso aziendalistico, che non tocca i temi cruciali «non aggredisce i veri problemi del sistema dell’istruzione nel nostro Paese e, anzi, ne crea di nuovi… aumenterà la precarietà senza garantire nessuna tutela» (G. Succimarra, portavoce Unione degli Universitari). «La Buona Scuola che ci propone il governo non è quella che vogliono gli studenti. Diritto allo studio, didattica veramente innovativa, riforma dei cicli, innalzamento dell’obbligo scolastico, rappresentanza degli studenti negli organi collegiali scolastici, riforma dell’alternanza scuola-lavoro che non sia solo un precoce inserimento nel mondo del lavoro: dove sono tutte queste cose?» (Comunicato UdS). Agli studenti che hanno protestato in 60 città italiane, non è sfuggita la continuità con le politiche della berlusconiana Gelmini, i cui guasti culturali profondi si evidenziano proprio ora, con l’ingresso all’università degli studenti ‘riformati’ sotto il suo ministero. E ancora dal comunicato dell’Unione degli Studenti medi estrapoliamo una delle critiche più pesanti all’azione del governo, che riguarda l’assenza di risorse a sostegno del diritto allo studio. Specie dei giovani meritevoli ma privi di risorse famigliari: e sarebbe questo l’unico atto veramente meritocratico atteso da governanti progressisti, da un Pd che al Parlamento europeo siede nel Gruppo dei Socialisti e Democratici. E forse anche per questi ideali ha ricevuto tanti voti alle passate elezioni, perché propugni una scuola inclusiva che educhi al pensiero critico. Come riportava un cartello alle manifestazioni di universitari venezuelani, a Caracas (tutto il mondo è paese, e i padroni son padroni ovunque…): ‘Educare, non addomesticare’. Invece: «Siamo stanchi di promesse e di interventi minimi che non cambiano le condizioni materiali degli studenti che devono far fronte a costi sempre più esosi per poter studiare», quando la classe dirigente e quella al governo tendono a incrementare l’attuale «modello sociale ed economico fondato sulla precarietà, sulle basse competenze e sui salari da fame». Infatti, il ministro Giannini promette che, dopo la riforma della scuola, interverrà su università e ricerca con tagli lineari: per la ricerca (secondo Il sole 24 ore) corrisponderà a un taglio di 400 milioni, su un totale di 1 miliardo e 500 milioni sottratto dell’intero comparto universitario, parte di questi recuperati dall’erogazione di borse di studio, e dalla progressione legislativa che sta conducendo le nostre università verso la privatizzazione (vedi la quota premiale per ateneo, legata a valutazioni quantitative che penalizzerebbero i fuori corso quindi gli studenti-lavoratori, regolata dal Fondo di finanziamento ordinario del governo Letta). Bisogna fermarli. Perché – come evidenziano gli studenti – investire in cultura, istruzione e ricerca, significa investire sul futuro. E’ così che si sono risollevate le economie di Paesi che la crisi economica globale aveva messo in ginocchio. Come quella che nel ’90 ridusse la Finlandia al collasso finanziario, un Paese ora diventato il modello internazionale della buona scuola. E come è arrivato questo piccolo Stato al primato educativo ce lo spiega Sahlberg, nel saggio Il modello Finlandia. Eguaglianza ed eccellenza in Un’altra scuola è possibile: laica, repubblicana, egualitaria, di eccellenza, MicroMega, 6/2014. In grande sintesi, il sistema finlandese ha saputo rinnovarsi in cinque passi: 1) innalzando contemporaneamente i livelli di inclusività ed equità si è raggiunta la qualità: «Il sistema scolastico equo è il risultato di un’attenzione sistematica alla giustizia sociale»; attualmente in Finlandia si diploma il 95% della popolazione. 2) assenza di riforme a ispirazione mercantile: «I test standardizzati che equiparano gli individui a medie statistiche, la competizione che fa sì che gli studenti più deboli rimangano indietro, e la retribuzione degli insegnanti legata al merito, sono tutti elementi che mettono a repentaglio gli sforzi delle scuole di andare verso una maggiore equità». 3) non esistono scuole private, l’istruzione è pubblica: di tutti per tutti. Invece il nostro Renzi nel 2013 a Bologna, in occasione del referendum sul finanziamento pubblico alle scuole private, si era espresso a favore del privato. 4) il riordino radicale dei cicli ha reso autonome le discipline dal risultato complessivo annuale, così da prevenire l’insuccesso scolastico. 5) la formazione dei docenti, che dura da 5 a oltre 7 anni dopo il diploma nella materia principale, «deve essere sostenuta da conoscenze scientifiche e focalizzata sulle tipologie di ragionamento e le abilità cognitive proprie della ricerca», e oltre agli approfondimenti pedagogici «gli insegnanti finlandesi apprendono a progettare, condurre e presentare ricerche originali su aspetti pratici e teorici dell’istruzione». La buona scuola finlandese è l’esatto contrario della ‘buona scuola’ di Renzi. ‘La grande bellezza siamo noi’, dichiarano perciò gli studenti italiani fotografandosi in flashmob coi loro striscioni creativi, davanti ai monumenti di un Paese che vive sulle glorie del passato, segnato dalle sue architetture e dal suo paesaggio antropizzato che crolla giorno dopo giorno, sotto il governo di una classe dirigente mai all’altezza del suo ruolo.
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