"A cento anni dalla marcia su Roma la storia può ripetersi in forme nuove"
Fitto il calendario di eventi iniziative per l'Ottobre antifascista, con l'adesione di ventitré organizzazioni. La parola al presidente provinciale dell'Anpi, Giuliano Varnier.
TREVISO - Cento anni esatti sono trascorsi dall’avvento del fascismo con la marcia su Roma. Coincidenze della Storia: l’anniversario sarà celebrato da un Governo - il primo - a guida post-missina. Ottobre da molti è già stato consacrato come il mese antifascista. A cominciare dall’Anpi, che ha predisposto un calendario fitto di iniziative ed eventi.
Ne parliamo con il presidente provinciale, Giuliano Varnier: “L’appello che abbiamo chiamato “Ottobre antifascista. A cento anni dalla marcia su Roma” è stato sottoscritto da 23 organizzazioni; sono previste diverse iniziative nel mese di ottobre. Concluderemo con una iniziativa unitaria, la più larga possibile, il 29 ottobre a Treviso con la presenza di Lisa Clark, premio Nobel per la pace e di Beati i costruttori di pace.
Un anniversario come questo sa di corsi e ricorsi storici o è solo una coincidenza?
La storia può ripetersi anche se in forme nuove. Forme reazionarie, demagogiche -quello che con approssimazione viene chiamato populismo- sono sempre in agguato. Se guardiamo all’Europa nel suo complesso, vediamo che ci sono forti segni di regressione della democrazia. Basti pensare alle elezioni in Svezia, vinte dall’estrema destra, che vedono dopo un secolo la sconfitta di una delle socialdemocrazie più aperte. E inoltre assistiamo alla crescita di formazioni di estrema destra in diversi Paesi: Germania, Francia, Spagna e Italia. Questi segnali sono più che evidenti. Ricordare ciò che è stato non è soltanto un esercizio storico fine a sé stesso.
C’è il rischio di non celebrare solo un anniversario ma di ritornare a cento anni fa?
Naturalmente non penso alla riproposizione del fascismo storico, ma a forme reazionarie che cercheranno di colpire all’inizio le minoranze, tutte le diversità. Oggi la signora Meloni sembra parlare sulle questioni economiche il linguaggio della moderazione. Sono reazionari, non stupidi. Sanno che non sono strutturalmente il Partito fascista di Mussolini, che era, o divenne, un partito di massa esteso in tutti i gangli della società e tra i ceti sociali anche popolari. Questa è una destra di opinione, che ha saputo cogliere un disagio sociale esteso, ma non radicato in un credo politico. E quanta riflessione autocritica dovrebbero fare le forze che si definiscono di sinistra o progressiste per la loro incapacità di cogliere il disagio sociale? Molta. E non mi riferisco soltanto ai partiti. Comunque, così come hanno vinto, queste destre non radicate nella società possono rapidamente anche perdere.
L’aria che tira però…
Tira una brutta aria certamente, ma non è che facendo gli struzzi si superano i problemi. Viviamo una fase drammatica. Prima la pandemia che non è ancora terminata e che ha prodotto enormi guasti sociali oltre alle tante vittime. E ora la guerra. Una guerra che ha un responsabile ben definito: il gruppo dirigente russo che sta intorno a Putin. Ma è dal 2014 che questa guerra era in corso, anche se in forme più limitate, e niente si è fatto per cercare una soluzione negoziale.
E siamo sull’orlo del baratro: si parla di guerra nucleare.
Vengono i brividi solo a sentire parlare di armi nucleari. E l’Europa non è capace di una proposta autonoma per la pace. Non possiamo pensare di affidare tutto agli americani che hanno interessi geopolitici diversi dall’Europa o a Erdogan che gioca una sua partita su più tavoli. Ma purtroppo abbiamo un’Europa divisa, dove albergano interessi ed ambizioni diverse e spesso opposte. Sui nodi economici e dell’energia lo stiamo vedendo fin troppo bene.
Che cosa avete messo in cantiere come Anpi?
Abbiamo discusso con altre organizzazioni sulla necessità di un progetto unitario, sia per affrontare i problemi politici e sociali che ci stanno di fronte, sia per ripensare ad un progetto di diritti sociali e civili che sia radicato tra i cittadini, tra le donne e i giovani in particolare. Si constata che i giovani non votano, che sono refrattari alla politica. E come potrebbe essere diversamente se la politica non si interessa a loro e non li rende partecipi?
E perché questa politica e questi politici non lo fanno, secondo lei?
Si è parlato giustamente del DDL Zan, ma nulla si è detto in questi anni sui nodi sociali: bassi salari, precariato, morti sul lavoro, disoccupazione di donne e giovani. Solo qualche slogan fuori tempo massimo in campagna elettorale. Sarebbe sbagliato pensare che il risultato elettorale, regressivo e pericoloso, sia soltanto colpa dei partiti. C’è una responsabilità diffusa che riguarda tutti. E riguarda anche le responsabilità dei partiti progressisti europei, attraversati da troppe divisioni e da gretti nazionalismi.
La sua interpretazione dell’ultimo responso elettorale?
I dati elettorali dimostrano che la destra, questa destra che considero pericolosa, non è maggioranza nel Paese. Vince perché ha saputo sfruttare questa legge elettorale che le è stata regalata dalla sinistra. Spesso si inventano leggi astruse per mettere in difficoltà gli avversari e poi si finisce per cadere nella tagliola che si è costruita. Credo che in molti nella sinistra e tra i progressisti questa situazione se la siano cercata. Troppi personalismi, troppa gente convinta di avere la verità in tasca, troppa incapacità di ascoltare e comprendere le ragioni degli altri.
Come giudica le “magnifiche sorti e progressive” della sinistra in Italia?
Non la vedo certo in buona salute. Una riflessione di fondo va fatta sia a sinistra che tra le forze laiche progressiste ed antifasciste. La storia non si ripete mai, ma qualche volta ha assonanze con il passato. Ricordiamoci le divisioni - ecco il richiamo storico alla marcia su Roma – che ci furono anche dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti con il fascismo alle corde. Ricordiamoci l’Aventino. Tutti con una propria ricetta gli antifascisti. Immobilismo, attesismo, estremismo parolaio. Intanto Mussolini si riorganizzò e seguirono tempi tragici. In ogni caso questa riflessione riguarda sinistre e progressisti di tutta Europa. Se non si ristabilisce un contatto con i problemi degli operai, di tutti i ceti popolari e con l’imprenditoria non parassitaria, allora ci sarà un declino inarrestabile.
Più facile a dirsi che a farsi con questo personale politico che ha la fissazione di perpetuare se stesso.
Contatto significa creare partecipazione, significa far diventare questi soggetti partecipi di un progetto. Gramsci ammoniva che “la storia insegna, ma non ha scolari”. Speriamo per una volta che Gramsci si sbagli e ci sia una scolaresca attenta e capace di apprendere e di agire.