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28 ottobre 2024

Lavoro

L'industria trevigiana e bellunese chiude il 2023 in forte rallentamento

La congiuntura del manifatturiero nel quarto trimestre 2023: "In calo la maggior parte dei settori. In controtendenza positiva solo l’occhialeria bellunese"

| Isabella Loschi |

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| Isabella Loschi |

L'industria trevigiana e bellunese chiude il 2023 in forte rallentamento

TREVISO - I risultati dell’indagine congiunturale condotta sul consueto campione di imprese manifatturiere venete, trevigiane e bellunesi, ci restituisce anche per il quarto trimestre 2023 una situazione che possiamo ricondurre ancora ad una fase di rallentamento, in parte anche effetto dei diversi shock ravvicinati vissuti dall’economia nel recente passato – commenta il Presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza -. Per usare una metafora possiamo dire che l’industria manifatturiera regionale (e provinciale) sta viaggiando con il freno a mano tirato, in cerca di una strada per la normalizzazione – riflette Pozza -. Però, inutile girarci attorno, intanto per Treviso e per Belluno dobbiamo incassare indicatori tutti in negativo nel confronto con lo scorso anno. La produzione flette del -5,4% a Treviso e del -6% a Belluno. Prima causa: la debolezza della domanda internazionale. Infatti, la raccolta ordini dell’estero risulta in flessione del -6,7% a Treviso e del -5,8% a Belluno, sempre rispetto allo scorso anno. Non va meglio per gli ordini nazionali, in riduzione sul quarto trimestre 2022 del -3,1% a Treviso e del -3,8% a Belluno. Fa eccezione l’occhialeria che, rispetto allo scorso anno, vede in crescita i livelli produttivi (+1,8%), soprattutto grazie alla domanda estera. Tiene anche la produzione (stabile su base annua) di macchinari e prodotti agroalimentari.

Questo il quadro che emerge al primo sguardo dall’indagine congiunturale – prosegue il Presidente. - Ma gli analisti avvisano che dobbiamo leggere questi dati in maniera ponderata, riconducendoli al graduale processo di normalizzazione delle catene globali del valore, dopo la ripartenza post-Covid, ed agli sforzi fin qui fatti per contenere l’inflazione, e le speculazioni sui prezzi. È un processo che è condizionato inevitabilmente anche dalla debolezza di alcuni importanti partner economici come la Germania (verso cui è diretto quasi il 14% delle esportazioni regionali e che rappresenta il primo mercato per l’export) e dalle tensioni internazionali che si sono aperte su più fronti (conflitti Russia-Ucraina, Gaza-Israele e la conseguente difficoltà di navigazione nel Canale di Suez). Le previsioni per il trimestre successivo sono ancora nel segno dell’incertezza, con quote di giudizi previsivi di aumento che per molti indicatori si equivalgono a quelli di stabilità. La speranza è di aver raggiunto il punto di minimo, anche se l’inversione di tendenza sarà probabilmente graduale e differenziata in base ai settori. Conteranno molto, in questa fase, le decisioni delle banche centrali. Ma – commenta Pozza – trovo pienamente condivisibile l’avvertimento del nostro Governatore Panetta, che di fatto si domanda se non sia giunto il momento di cambiare indirizzo alle politiche monetarie. Invitiamo più volte le imprese – continua Pozza - ad affrontare questi scenari di incertezza facendo investimenti: sulla digitalizzazione, sulla diversificazione dei mercati, sulla sostenibilità. Ma una politica monetaria restrittiva non aiuta. Come sistema camerale, e anche come Assocamerestero di cui sono Presidente, siamo impegnati a supportare le imprese in questi processi di cambiamento, ma serve che cambi il clima di fondo, serve che l’Europa, come ben sottolinea Panetta, non arrivi troppo tardi al taglio dei tassi, quando ormai i danni potrebbero essere maggiori dei vantaggi.

Il quadro internazionale e nazionale

Prosegue il rallentamento dell’industria manifatturiera trevigiana e bellunese. Al di là dei “rimbalzini” congiunturali sul terzo trimestre, nell’ultimo scorcio del 2023 tutti gli indicatori analizzati sono ampiamente in territorio negativo. Il fatto non sorprende, in un contesto internazionale ancora caratterizzato, nel periodo in esame, da una frenata della domanda mondiale. In altri tempi, si sarebbe potuto parlare facilmente di rischio recessione. Oggi però, come noto, l’economia mondiale ha attraversato (e continua ad attraversare) una serie importante di shock e cambiamenti ravvicinati (pandemia, riaperture, crisi degli approvvigionamenti, guerra in Ucraina, rincari energetici, e più di recente deglobalizzazione, stretta monetaria e disinflazione) che impongono una lettura più ponderata delle dinamiche congiunturali.

Come già avvertivano gli analisti di Congiunturaref, la frenata dell’economia mondiale va ancora ricondotta agli sforzi di normalizzazione delle catene internazionali e del valore, e di contrasto all’inflazione. Obiettivi alla fine centrati: con un 2023 che “di fatto si è chiuso con un’inflazione in rapida discesa e un’economia mondiale che ha rallentato, senza però entrare in recessione”. Non vi è dubbio che, dopo i rimbalzi post-Covid dell’economia mondiale nel 2021 e nel 2022, l’anno appena chiuso sia stato piuttosto deludente in termini di crescita assoluta: tuttavia “non si sono materializzati i timori di recessione che prevalevano all’inizio; soprattutto le economie avanzate hanno retto allo shock inflazionistico, con una frenata più evidente nell’area euro rispetto agli USA, legata alla diversa intensità dell’aumento dei costi dell’energia”. E - aggiungiamo – allo stallo dell’economia tedesca, anche in conseguenza delle scelte affrettate compiute sulla riconversione del settore automotive all’elettrico.

Di questa situazione di rallentamento ma non di recessione fa buona sintesi il consueto quadro riepilogativo degli indicatori macroeconomici, secondo l’ultimo aggiornamento reso disponibile dal Fondo Monetario Interazionale (FMI) che nell’Outlook di gennaio 2024 stima una moderata crescita globale sia per il 2023 che per l’anno in corso: del +3,1% è la variazione su base annua del PIL, sostenuta in particolare dagli Stati Uniti (+2,5%), India (+6,7%) e, nonostante tutto, dalla Cina (+5,2% rispetto al +3,0% del 2022). Semmai per la Cina è significativo, ma non drammatico, il rallentamento previsto per il 2024 (+4,6%). Assai più modesta, invece, la velocità di crescita dell’area Euro: del +0,5% nel 2023, con il segno negativo per la Germania (-0,3%), di contro in particolare alla Spagna che cresce del +2,4%). Attorno alla stazionarietà e in linea con la media europea Francia (+0,8%) e Italia (+0,7%).

La frenata dell’economia va dunque letta in modo strabico: da un lato, ha favorito i seguenti aspetti: Sono scesi i prezzi delle materie prime e delle commodities. Nei primi mesi del 2023, ad esempio, le quotazioni del petrolio viaggiavano a 110 dollari al barile per il Brent, ad inizio 2024 si portano ad 80 dollari; ma si sono ridimensionate in generale le quotazioni dei beni energetici, il cui indice dei prezzi è calato quasi del -15,2% tra gennaio ’23 e ’24 (cfr. tab. 2), e nell’area euro, la più esposta alle dipendenze energetiche dalla Russia, si è potuta apprezzare una notevole capacità di adattamento (nei consumi) e diversificazione (nelle fonti); infine si stanno riducendo i prezzi di diverse commodities alimentari (-9,2%, di cui -17,4% per i cereali) e dei metalli (-14,0%). Hanno ripreso a funzionale le catene di fornitura e si sono risolti i problemi legati all’approvvigionamento dei semiconduttori. I prezzi industriali dei manufatti hanno interrotto la loro crescita. I tre fattori messi assieme, negli ultimi mesi del 2023, hanno permesso un recupero delle quote di mercato da parte delle economie avanzate, e in particolare di quei Paesi che sono importatori netti di materie prime, come le principali economie europee (Italia, in primis). Dall’altro lato, questo scenario di normalizzazione (che si è esteso anche alla ricomposizione dei consumi fra beni e servizi dopo gli anni della pandemia) ha fortemente penalizzato il commercio mondiale. Tutte le maggiori aree hanno registrato un andamento cedente delle importazioni di beni. L’import globale di merci è stimato in flessione del -2,1% nel 2023 rispetto al +3,6% registrato l’anno precedente). Inevitabile l’impatto sulle attività manifatturiere, in particolar modo nell’area euro. Il progressivo calo degli ordinativi esteri, registrato negli ultimi trimestri in Veneto come nelle diverse province, che ha portato in negativo l’andamento della produzione, è il punto di contatto, quanto mai chiaro, fra questi scenari globali e le dinamiche locali. L’indice ISTAT sulla produzione industriale italiana certifica per il 2023 una variazione tendenziale annua del -2,1%. Giusto nel mese di dicembre emerge una variazione congiunturale destagionalizzata leggermente positiva (+1,1% rispetto a novembre, maggiore di quanto registrato nel dicembre del 2022): che fa il paio con lievi miglioramenti, a gennaio, dell’indicatore anticipatore PMI Markit (resta in verità in zona contrazione, ma torna ad avvicinarsi molto alla “soglia 50”, di non peggioramento). Ma si tratterà di un recupero molto graduale per il 2024, che dipenderà dalla velocità di riduzione dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali e dal recupero del potere d’acquisto delle famiglie.

 



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Isabella Loschi

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