Hanno aperto le porte di casa ai profughi:"Stare insieme ci arricchisce"
Sono 17 famiglie che hanno aderito al progetto della Caritas "Profugo a casa mia"
| Isabella Loschi |
Da sinistra Elisa Andrighetti, Biran, coniugi Bepi e Serena Faccin con Famorì
TREVISO - Biran e Famorì da poco più di una settimana hanno una “nuova” famiglia. I due giovani ragazzi sono stati accolti da due famiglie che hanno aderito al progetto promosso dalla Caritas “Rifugiato a casa mia”.
“Non potevamo rimanere indifferenti di fronti alle morti del mediterraneo. Ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa. Poi abbiamo scoperto il progetto della Caritas e abbiamo deciso di aderire e da giovedì scorso Biran vive con la mia famiglia”. Elisa Aldrighetti, impiegata in una scuola, che vive a Paese con il marito e due figli di 10 e 5 anni, spiega così la scelta di far parte dell’iniziativa promossa da Caritas che ha già coinvolto 17 famiglie.
La famiglia ha aperto le porte di casa a Biran,19 anni arrivato lo scorso anno dal Gambia e ospite del centro di prima accoglienza Caritas di Istrana. Il 19enne ha ottenuto il permesso di rimanere in Italia e oggi frequenta la terza media. “Stare insieme - spiega Elisa - ci arricchisce. Domenica, ad esempio, Biran ha cucinato per noi un tipico piatto della cucina africana. In casa ci aiutiamo tutti, anche lui contribuisce alla vita famigliare”.
Come Elisa anche Serena e Bepi Faccin, casalinga e macellaio, hanno accolto nella loro casa comunitaria a Camposampiero,un giovane profugo. Famorì, 20 anni, arriva dal Mali, è arrivato da due anni in Italia, ospitato al centro di prima accoglienza di Istrana. “Non è la prima volta che accogliamo ragazzi. Per noi la famiglia è il luogo migliore dove poter fare la conoscenza reciproca - dice Serena - Non abbiamo mai chiesto ai nostri figli se erano d’accordo o meno, ma poi sono i primi ad instaurare un rapporto di amicizia e aiuto e a far cadere alcune barriere”.
Attualmente al progetto “Rifugiato a casa mia”, oltre alle famiglie, hanno aderito anche 3 istituti religiosi e 5 parrocchie (una di Treviso città, Quinto, Cavaso del Tomba, Spinea e Camposampiero) per un totale di 25 soggetti. Altri soggetti sono pronti ad intervenire nei prossimi mesi. Le famiglie possono ospitare un solo rifugiato per un minimo di 6 mesi fino ad un anno. Alle famiglie viene riconosciuto un piccolo rimborso per le spese vive, di circa 225 euro al mese. Il progetto è finanziato in parte dal fondo Cei dell’otto per mille e per la maggior parte con donazioni private.